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20 ottobre 2008

Pio La Torre è forse stato ucciso due volte?


Alla vigilia di Natale del 1927 nella borgata Altarello di Baida in Palermo, nasceva Pio La Torre.
   Le origini contadine della sua famiglia lo portarono a seguire più intensamente le problematiche di politica sociale, al punto di tesserarsi giovane, nel ’45, nel Partito Comunista Italiano e di costituire una sezione Fgci nella sua borgata. Nel corso degli anni intensificò il suo interesse per la terra e ne seguì i vari processi politici concernenti lo sviluppo dell’agricoltura e in maggior misura del problema dei latifondi incolti, essendo fautore del principio «la terra a tutti».
https://farm1.staticflickr.com/229/489732170_62a7da7bd0_o.jpg   Nel palcoscenico nazionale, riguardo questo specifico aspetto sociale, nel quinquennio 1945-50 si lottò per l’effettiva applicazione dei “decreti Gullo”[1], allora ministro dell’Agricoltura nel secondo governo Badoglio, indicato come “il ministro dei contadini”; provvedimenti[2] che avrebbero dato maggiori garanzie alle famiglie di braccianti agricoli affamati, che uscivano dalle morse della Seconda guerra mondiale.
   Di fatto, questi decreti furono svuotati dei contenuti da parte del nuovo ministro Antonio Segni, un politico di tendenze conservatrici, che diede l’opportunità ai proprietari dei terreni di mettere in discussione la legittimità delle norme sui fondi; atteggiamento che alimentò un’ondata di proteste in Sicilia, le quali dilagarono con l’occupazione delle terre abbandonate da parte dei braccianti e nella richiesta di un’effettiva “riforma agraria”.
   Animato dalla situazione sociale dell’epoca, nel ‘47 La Torre, trasferitosi a Palermo, intensificò il suo impegno politico, divenne funzionario della Federterra e responsabile sindacale della sezione giovanile della Cgil palermitana. Nel ‘49 partecipò attivamente a queste proteste, che chiedevano un censimento delle terre incolte e un’equa distribuzione ai braccianti più bisognosi, oltre all’attivazione di una campagna di raccolta del grano per la semina di questi fondi, al punto che per sensibilizzare l’opinione pubblica palermitana, si adoperò alla realizzazione del 1° Festival provinciale de “l’Unità”, svoltosi il 23 ottobre 1949.
   Trattandosi di una sommossa che vedeva coinvolte molte regioni italiane, queste manifestazioni contadine riportarono i primi tre morti in Calabria, a Melissa in provincia di Crotone, causate dall’intervento dei reparti “Celere” della polizia, il 29 ottobre 1949.
   Da poco celebrato il matrimonio, Pio La Torre decise comunque, di stare accanto ai suoi compagni per organizzare l’imminente lotta; questa ebbe inizio il 13 novembre 1949 col coinvolgimento dei braccianti di 12 comuni limitrofi: Campofiorito, Contessa Entellina, Valledolmo, Castellana Sicula, Polizzi, alcune borgate di Petralia Soprana e di Petralia Sottana, Alia, S. Giuseppe Jato, S. Cipirello, Piana degli Albanesi, che avrebbero dovuto confluire a Corleone, luogo da cui sarebbero partiti i cortei per andare a occupare le terre incolte censite. Al controllato intervento della polizia, visti i fatti di Melissa, sopperì il governo, disponendo l’arresto di 18 tra dirigenti del sindacato e braccianti, seppur siano stati occupati quasi tremila ettari di terra, che fu coltivata a grano.
   Durante l’attesa dell’arrivo della Primavera del ‘50, La Torre si adoperò per l’organizzazione delle lotte dei braccianti, necessarie per conservare “il diritto di raccolta” a confronto alla rivendicazione degli agricoltori proprietari dei terreni occupati, i quali volevano la restituzione di quelle terre e dei raccolti, affinché fossero assegnati altri fondi ai contadini in lotta, come proposto dalla prefettura di Palermo. Il 10 marzo 1950 nel comune di Bisacquino, Pio La Torre, si mise alla testa di un corteo di circa cinque chilometri, pronto ad occupare altri ettari di terra e, a seguito di lanci di pietre e tafferugli contro la polizia chiamata dai proprietari, alla fine della giornata fu accusato ingiustamente e tratto in arresto all’alba del giorno successivo.
   Arrestato e detenuto in carcere “preventivo” scrisse dalla cella dell’Ucciardone di Palermo a Paolo Bufalini: «Uno degli obiettivi che il nemico si prefigge chiudendoci in carcere è di strapparci alla lotta e isolarci da quel movimento che è la fonte di ogni nostro pensiero e azione».
   Durante la detenzione dal 11 marzo 1950 al 23 agosto 1951, lesse le opere di Gramsci, alcuni scritti di Lenin e Labriola, nonostante le difficoltà di recuperarne i testi.
   Partecipò alle lotte con i braccianti “la dura trafila politica dei comunisti siciliani” ed arrivò fino a Roma, come deputato nazionale e membro della commissione antimafia. Più tardi entrò nella segreteria nazionale proposto da Enrico Berlinguer «in considerazione delle sue doti politiche, d’intuito e di organizzazione». Nel Maggio 1972 fu eletto alla camera dei deputati, dove l’onorevole Pio La Torre restò in carica per tre legislature. Entrato a far parte della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, preparò un disegno di legge[3], molto articolato e propose altresì, l’introduzione dell’art. 416 bis al codice penale, la cui particolarità era legata alla “obbligatoria confisca dei beni direttamente riconducibili alle attività criminali perpetrate dagli arrestati”.
   All’inizio degli Anni Ottanta, Pio La Torre fu consapevole della gravità della situazione in Sicilia: erano stati uccisi illustri rappresentanti dello stato, come il giudice Cesare Terranova il 25 settembre 1979, il procuratore della repubblica Gaetano Costa il 6 agosto 1980 e il presidente della regione Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980.
   Al suo rientro a Palermo pose l’attenzione su tre punti:
La Sicilia oggi corre pericoli mortali. Tre sono le componenti che configurano la situazione di emergenza: 1) c'è il perdurare della crisi economica con l'intreccio inflazione-recessione che colpisce le parti più deboli del Paese e la manovra economica di Spadolini accentua questa tendenza; 2) c'è il dilagare della violenza criminale e del potere mafioso, che mette ormai in pericolo l'incolumità e la sicurezza dei cittadini e blocca persino le iniziative imprenditoriali; 3) c'è la decisione del governo italiano di installare a Comiso la più grande base missilistica d'Europa. In sostanza abbiamo oggi un governo che, mentre è incapace di dare risposte valide alla Sicilia sul terreno del suo sviluppo economico e sociale, mentre si dimostra sempre più impotente a fronteggiare la violenza criminale e il terrorismo mafioso, decide di fare della Sicilia un avamposto militare in un Mediterraneo già caratterizzato da pericolose tensioni e focolai di guerra.
   Contro l’emergenza rappresentata dalla base missilistica di Comiso in provincia di Ragusa, lanciò la campagna[4] per la raccolta di “un milione di firme”, in calce ad una petizione da inviare al governo e in occasione dell’annuncio del governo Spadolini del 7 agosto 1981, di “accordo con la Nato per l’installazione di 112 euromissili nucleari Cruise nella base militare di Comiso”, ebbe modo di dire: «Se entrerà in funzione, arriveranno 10.000 soldati americani, la Sicilia diventerà una specie di portaerei, porto franco, e tutti i traffici illeciti con gli Stati Uniti diventeranno più facili».
   Gli occhi dell’Europa erano puntati su quel piccolo paese della provincia di Ragusa.
Negli ultimi anni sono accaduti in Sicilia fatti gravissimi. Il potere mafioso ha rialzato la testa e abbiamo assistito a una sequenza drammatica di omicidi politici culminati nell'assassinio del presidente della regione, Piersanti Mattarella. Da quel momento si è accelerato il processo di degradazione della vita politica e delle stesse istituzioni autonomistiche. Il già insufficiente apparato produttivo dell'isola è duramente scosso dalla crisi economica, mentre lo Stato si dimostra sempre più impotente di fronte alla violenza criminale e mafiosa che ogni giorno semina terrore e morte. E come non vedere il pericolo che la trasformazione della Sicilia in una gigantesca base di guerra spingerebbe alle estreme conseguenze i processi degenerativi già così allarmanti?
   Con queste parole, sulla prima pagina del quotidiano «l’Unità» del 11 ottobre 1981, Pio La Torre denunciò per la prima volta in modo esplicito il nesso che a molti allora sembrò propagandistico e artificioso fra sottosviluppo, mafia e missili.
Installare i missili a Comiso – spiegava La Torre ai suoi compagni e alla gente, con quella semplicità di linguaggio che gli era congeniale – equivale a porre sul territorio siciliano un corpo estraneo che finirà per contagiare e corrompere ogni forma di vita democratica, finirà per inquinare e distorcere ogni prospettiva di sviluppo economico. E i dollari tanto seducentemente promessi? Sarebbero rimasti un miraggio, come trent'anni prima, quando i petrolieri americani della Gulf Oil erano venuti a trivellare pozzi di petrolio attorno a Ragusa.
   La prima grande manifestazione fu fissata a Comiso per domenica 11 ottobre 1981, con un gran numero di partecipanti provenienti, in marcia, da Palermo: i pacifisti tedeschi, i monaci buddisti che digiunavano, le femministe inglesi, gli autonomi di Roma e molti ragazzi siciliani con il sacco a pelo. Una fiumana umana mai vista nella cittadina iblea.
   Comiso era entrata nel cuore dei pacifisti di tutto il mondo; erano presenti delegazioni di quindici paesi europei e mediterranei. Quasi centomila cittadini della provincia di Ragusa avevano firmato la petizione popolare con la quale si chiedeva al governo di sospendere i lavori di costruzione della base, per agevolare così una ripresa delle trattative di Ginevra sul disarmo e una più efficace legislazione antimafia.
   Le ultime dichiarazioni del presidente Reagan circa la possibilità di una guerra atomica limitata all'Europa, escludendo lo scontro diretto Urss-Usa, a mio avviso non si riferiscono tanto all'Europa centro-settentrionale, ma piuttosto al Mediterraneo e guardano a ciò che accade in Medio Oriente e nei Paesi arabi. E i missili dislocati a Comiso, all'estremo lembo Sud dell'Europa, rientrano in quella strategia americana. Ecco perché la Sicilia corre per davvero un pericolo mortale e il popolo siciliano si pone sempre più l'interrogativo angoscioso sul destino che lo attende[5].
   Occorre respingere questa prospettiva, chiamando il popolo siciliano a dire “no” a un destino che, prima ancora di farla diventare bersaglio della ritorsione atomica, trasformerebbe la nostra isola in un terreno di manovra di spie, terroristi e provocatori di ogni risma al soldo dei servizi segreti dei blocchi contrapposti. Ne trarrebbero nuovo alimento il sistema di potere mafioso e i processi degenerativi delle istituzioni autonomistiche, mentre la Sicilia sarebbe condannata alla degradazione economica e sociale[6].
   Due giorni prima dell’assassinio:
La sospensione della costruzione della base missilistica a Comiso − scrisse, infatti, in un articolo apparso postumo su «Rinascita» del 14 maggio 1982 − è una delle risposte urgenti che l’Italia può dare per creare le condizioni più favorevoli alla ripresa e al successo del negoziato, per salvare l’Europa dalla catastrofe della guerra atomica[7].
   Per questa combinazione d’interessi: quelli della base di Comiso e quelli di “Cosa nostra”, l’onorevole Pio La Torre fu assassinato a colpi di kalashnikov il 30 aprile 1982, da due killer che lo fermarono per sempre in un budello della Palermo vecchia, dietro le caserme di Corso Calatafimi.
   Ricordò il segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, nell’orazione funebre pronunciata a Palermo, in Piazza Politeama, il 2 maggio 1982:
Pio La Torre aveva compiuto la scelta di un ritorno, ben sapendo che si trattava della scelta di un posto di lotta e di lavoro pieno di difficoltà. […] Dispiaceva, al centro nazionale del partito, privarsi della presenza operosa, generosa, cordiale di La Torre. E a Roma egli era ben ambientato, con la sua famiglia, con gli amici. Tuttavia egli chiese, con tenacia e forza di volontà, di tornare in Sicilia, nella sua terra.
   All’interno del partito fu considerato un “destro”, un modo di rilevare lo stile concreto e l'intuito pragmatico di quell'anomalo dirigente comunista. Quando tornò a dirigere il partito siciliano[8], quell'uomo all'antica e senza fronzoli, seppe diventare un inedito catalizzatore di nuove culture e speranze giovanili. Pio La Torre talvolta conobbe la solitudine, non tutti capirono quella testardaggine, quel chiodo fisso conficcato nella sua testa austera, che era diventato il rifiuto dell’installazione del gioiello della tecnologia militare; quei "Cruise" nel cuore dell'Isola. Comiso divenne un simbolo, un appuntamento, l'oggetto di un movimento che seppe camminare con gambe di massa, mescolando appartenenze e fedi: non solo per rifiutare quella protesi di “guerra fredda” e quella promessa di “guerra calda” che si ergevano nello snodo cruciale del Mediterraneo, ma anche per contestarne il corollario affaristico e l'indotto di mafia.
   L’11 ottobre 2008 a Comiso, c’è stata un’altra gran mobilitazione di massa, per onorare il nome di Pio La Torre, al quale, il 30 aprile 2007 in occasione del primo atterraggio nell'aeroporto civile, a 25 anni dalla sua scomparsa, gli è stato intitolato lo scalo ragusano.
   In ambito locale tra gli intervenuti, il presidente del Centro studi “Feliciano Rossitto” di Ragusa, l'onorevole Giorgio Chessari ha detto: «La mobilitazione vuole sensibilizzare gli organi politici affinché non venga rimosso il ricordo di Pio La Torre con la cancellazione dell'intitolazione allo stesso dell'aeroporto comisano. L'11 ottobre segna una data importante in quanto 27 anni fa si tenne la prima manifestazione contro l'installazione dei missili a Comiso e in Europa, affinché l'aeroscalo fosse civile e diventasse una base per lo sviluppo pacifico della Sicilia e del Mediterraneo. A difesa del tessuto produttivo sociale e culturale dell'Isola hanno dato il loro valido contributo non poche personalità intellettuali di spicco, fra queste Pio La Torre. Per tale motivo la sua memoria non può essere cancellata, né negata».
   Nel messaggio letto di fronte alla folla accorsa per l’appello, che ha visto tra i partecipanti politici anche persone di cultura come lo scrittore Andrea Camilleri e di spettacolo come il regista Tornatore, rivolto al sindaco di Comiso Giuseppe Alfano[9], il quale con un provvedimento della giunta
municipale in data 27 agosto 2008, ha ripristinato il nome dell’ex aeroporto militare intitolato a “Vincenzo Magliocco”, generale di brigata dell’aeronautica, palermitano, morto durante la guerra d'Etiopia nel 1936, il capo dello stato ha scritto: «La scelta di Comiso consente di richiamare in un luogo appropriato l’impegno politico e sociale dell’onorevole La Torre, appassionatamente schierato a favore della pace e della distensione internazionale e al tempo stesso per il progresso economico, sociale e civile della Sicilia. Le sue battaglie raccolsero un vasto consenso popolare e lo esposero alle minacce della mafia, di cui cadde vittima in un sanguinoso agguato che mirava a far tacere la sua voce e bloccare il processo di rinnovamento e di sviluppo dell’isola. Tuttavia la sua testimonianza non fu vana - ha ricordato Giorgio Napolitano - essa divenne patrimonio generale del popolo siciliano e favorì la nascita di un comune sentire e di movimenti unitari che hanno rinsaldato la trama della democrazia».
   Di parere opposto riportano informazioni «Ansa»: "Aeroporto di Comiso, Sgarbi attacca Veltroni: "Il suo è un atto di bullismo" – «La vera mafia si chiama sopraffazione. Non c'è nulla di più incoerente del bullismo mostrato da Veltroni e da alcuni suoi sodali nelle pressioni ripetute ai danni del sindaco di Comiso Giuseppe Alfano, a cui esprimo piena e sincera solidarietà. Lo afferma Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi in provincia di Trapani, all'indomani della manifestazione a Comiso contro la decisione dell'amministrazione comunale di ritirare la delibera che intitolava l'aeroporto a Pio La Torre, alla quale ha partecipato anche Walter Veltroni segretario del Partito Democratico Italiano. Innanzitutto, – ha detto Sgarbi – il nome di Pio La Torre è stato apposto dal precedente sindaco cancellando quello – già esistente – di una medaglia d'oro al valor militare, Vincenzo Magliocco. Quindi, il nome di Pio La Torre nasce come cancellazione e sopruso del nome precedente. Il sindaco Alfano non cancella, ma semmai ripristina. Giusto per ripristinare la verità dei fatti. Veltroni invece – afferma Sgarbi – strumentalizza un nome di mafia. Sono disponibile ad apporre il nome di Pio La Torre alla Superficie Avio di Salemi dove qualche aereo, a differenza di Comiso, arriva. In realtà il Pd prova a riempire coi muscoli il vuoto e l'inconsistenza del loro progetto politico che fa acqua da tutte le parti».




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[1] Fu Fausto Gullo a proporre per primo l'istituzione dell'Assemblea costituente durante la prima riunione del primo Consiglio dei ministri dell'Italia liberata, come riportato dal suo diario di quei giorni. Cfr. Editi e Inediti di Fausto Gullo, a cura di R. Serpa Gullo. Cosenza 2004 - il volume è disponibile presso l'Associazione Culturale “Luigi Gullo” di Cosenza; sullo specifico argomento si veda anche M. De Nicolò, Lo Stato Nuovo. Fausto Gullo, il PCI e L'Assemblea Costituente, Cosenza, Pellegrini editore, 1996.
[2] In «Archivio Luce» si può vedere [previa registrazione, N.d.a.] “I granai del popolo” nel documentario – anche questo citato a pag. 28 del suo diario - dove si può anche vedere Fausto Gullo che spiega i suoi decreti e il ministro Alberto Cianca, del Partito d’Azione, che ne sottolinea la valenza internazionale. 
[3] Che si convertì dopo il suo iter formativo nella “Legge Rognoni – La Torre”: legge 13 settembre 1982, n. 646 “Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575".
[4] Già nel ’52 aveva organizzato una massiccia raccolta di firme per la “Campagna universale a favore dell’appello di Stoccolma”, lanciata dal Movimento internazionale per la pace, che chiedeva la messa al bando delle armi atomiche. 
[5] Intervista a «L'Ora», 23 ottobre 1981. 
[6] P. La Torre, Le ragioni di una vita, con interventi di Enrico Berlinguer e Luigi Colajanni, Roma, Editori Riuniti, 1982, p. 52.
[7] D. Rizzo, Pio La Torre: una vita per la politica attraverso i documenti, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2003, p. 91. 
[8] Nel ’52 fu eletto per la prima volta al consiglio comunale di Palermo, dove restò fino al ’66. Fu segretario regionale della Cgil e nel ’62 fu eletto segretario regionale del partito. Fu eletto nel ‘63 per la prima delle due legislature in cui resterà in carica, all’Assemblea regionale siciliana. Intanto fece parte del comitato centrale del Pci già da due anni. Nel ’69 fu chiamato a Roma per ricoprire la direzione, prima della commissione agraria e poi di quella meridionale. Dopo l’annuncio del governo nel ‘81 tornerà a Palermo; a 53 anni, aveva deciso di tornare alla militanza politica in Sicilia. La sua forte determinazione aveva vinto le obiezioni d’amici e compagni che lo invitavano a restare a Roma dove, gli dicevano, il contributo della sua esperienza era prezioso. Il 1° ottobre era stato nominato segretario regionale dei comunisti siciliani.
[9] «Come annunciato in campagna elettorale – dichiara il sindaco Giuseppe Alfano – abbiamo ripristinato la denominazione dell’infrastruttura che ere stata intestata a Magliocco fin dalla sua costruzione avvenuta fra il 1937 e il 1939: Il provvedimento non vuole porre assolutamente in discussione la figura e gli straordinari meriti di Pio La Torre ucciso dalla mafia che non gli perdonava di essere stato l’ispiratore della legge “Rognoni La Torre”. Riteniamo tuttavia più giusto conservare una denominazione che fa parte da più di mezzo secolo della memoria collettiva della città. Vincenzo Magliocco, che fu anche docente di materie giuridiche all’Università di Palermo, prima di distinguersi nella guerra di Etiopia, era stato decorato al valor militare per le imprese compiute nel corso della Grande Guerra. E’ quindi personaggio di grande rilievo di cui ci sembrava ingeneroso cancellare il ricordo. D’altra parte, come rileva un sondaggio effettuato a suo tempo sul sito web dell’Amministrazione comunale, l’intitolazione a La Torre aveva riscontrato scarso gradimento fra i cittadini. In vista dell’imminente operatività dell’aeroscalo – conclude Alfano – è nostra intenzione affiancare quanto prima tramite un concorso pubblico di idee al nome di Magliocco un toponimo che serva a reclamizzare e a promuovere il nostro territorio».

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Pio La Torre è forse stato ucciso due volte? di G. La Rosa
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