Pagine

27 marzo 2014

In viaggio per la Sicilia di fine Settecento

Esperienze di vedutisti e narrazioni dal patrimonio archeologico alla vita quotidiana


Un epigramma veneziano di Wolfgang Goethe dice:
I re vogliono il bene,
i demagoghi lo stesso, si dice;
ma si sbagliano: uomini sono,
ahimè, come noialtri.
Mai riesce alla moltitudine
di volere per sé,
noi lo sappiamo;
ma chi è capace di volere per tutti
lo dimostri.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/fa/Jacob_Philipp_Hackert_006.jpg/800px-Jacob_Philipp_Hackert_006.jpg
Jakob P. Hackert, Rovine di un tempio in Sicilia (1778)
Nel suo viaggio in Italia, intrapreso nel 1786, scese nella penisola passando da Napoli e proseguendo per le terre della Magna Grecia giunse, appunto, in Palermo, in cui sbarcò il 2 aprile 1787, per andare poi, il 18 aprile, a visitare Segesta e di seguito Castelvetrano, Sciacca, Agrigento, per arrivare a Caltanissetta e poi a Catania. Il 5 maggio partì alla volta di Taormina e seguì per Messina, dove s’imbarcò il 14 maggio per ritornare a Napoli.
    L’impronta del viaggio in Sicilia di Goethe è riassunta in questa locuzione: «L'Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto».
    La Sicilia – il luogo dove nacquero antiche civiltà – è stata considerata una meta affascinane dai viaggiatori europei che percorsero il resto del territorio continentale: un’esperienza iniziatica verso la via della scoperta in senso lato. Richard Payne Knight fu tra questi – gentlemen, collezionista d’arte e scrittore, appassionato di archeologia e grecista, conoscitore di bronzi e monete, tra i maggiori esperti di numismatica, di scritti greci e latini. Inglese, di un paesino vicino a Hereford, quasi ai confini col Galles, nacque nel 1751: il maggiore dei quattro figli di Thomas Knight, pastore anglicano; aggiunse al suo cognome quello di Payne che gli lasciò la nonna Elizabeth, consorte di un famoso siderurgico nell’era in cui iniziò a svilupparsi la “rivoluzione” industriale britannica.
    Essendo un amatore del mondo greco, venuto in Italia non poté tralasciare una visita della Sicilia greca, che avvenne dall’aprile del 1777, all’età di ventisei anni. Si recò nei vari paesi dell’isola, insieme a Jakob Philipp Hackert, elegante paesaggista tedesco, che diverrà pittore di corte di Ferdinando IV Borbone dal 1786 e Charles Gore, impresario navale e artista alle prime armi, conosciuti a Roma a seguito di un precedente viaggio. Hackert animò la compagnia proponendo, per l’appunto, questo viaggio, che prese il via da Napoli il 12 aprile, dove i tre noleggiarono una feluca e raggiunsero Lipari il 24 aprile.
    L’interesse dei tre viaggiatori fu senz’altro l’archeologia della Magna Grecia e la passione del paesaggista Hackert assieme al principiante Gore di ritrarre questi luoghi di classicità, ma al contempo selvaggi ed esotici, fu quella di renderli realistici con disegni a matita, ad acquarello, a seppia, quali artefici di questo vedutismo itinerante; Knight, allo stesso tempo, tenne un diario in cui ostentò la sua conoscenza dell'architettura e della letteratura classica. Il viaggio, tuttavia, gli rivelò anche interessanti aspetti di tradizioni popolari e questioni politiche contemporanee, nonché apparenze legate a un anticlericalismo latente: un argomento che egli preferì tenere in mostra nel corso della sua vita.
    Dopo la metà del Settecento, si poté registrare, in effetti, un nuovo tipo di vedutismo, volto principalmente a raffigurare quanto di visivo fosse possibile ritrarre; riferito a luoghi archeologici, ruderi, reperti, affiancati a panorami naturalistici, a eruzioni vulcaniche, a particolarità geologiche. Un connubio pittorico tra aspetti naturali e manifestazioni popolari − espressioni da sempre del principale interesse dei viaggiatori – portò numerosi turisti a lunghi percorsi attraverso strade impolverate e poco battute, per ritrarre il maggior numero d’informazioni possibili. Tramite dei rapidi schizzi sul posto e completati a sera nelle taverne, gli autori ripercorrevano mentalmente i paesaggi veduti, con l’obiettivo di farne una riproduzione fedele.
    Nella terra ferma il cammino dei tre turisti prese via il 25 aprile da Milazzo, dove l’antica Mylæ posta sul promontorio dominava lo sperone di terra; proseguirono, con un mulattiere raccomandato loro dal governatore che li ebbe ospiti nella notte, per visitare l’antica polis greca Tyndaris – presentata ai tre come Santa Maria di Tindari – luogo di dimora della statua della Madonna nera e dove poterono apprezzare alcuni ruderi riguardanti un teatro e un tempio del periodo romano (non certo tutti i ritrovamenti archeologici del periodo romano, che videro luce dal 1838).
   Pernottarono ad Acquadolce, nell’antica Aluntium, allora un piccolo villaggio, il cui nome originò dalla sorgente di acqua dolce a circa un chilometro dalla costa, e all’indomani i tre viaggiatori proseguirono per Cefalù. 
   L’antica Cephaladis un piccolo borgo marinaro che lasciò l’impronta con la sua cattedrale, eretta da Ruggero II dal 1131 e in cui la presenza di elementi architettonici, greci, arabi e latini furono inseriti proprio per testimoniare l'unione delle varie culture all'interno del regno, appena fondato dagli Altavilla. Knight la citò nel taccuino di viaggio, come di Termini Imerese appuntò di sorgenti d’acque calde, ancor oggi utilizzate; nel descrivere l’antica Thermæ Himerenses, Knight rievocò Ercole durante la spedizione in Sicilia, mentre della sola Imera citò Annibale che la distrusse per vendicare l’uccisione di suo nonno.
   Prima di giungere in Palermo, i tre compagni di viaggio passarono da Bagaria, per visitare la villa del principe di Palagonia Ferdinando Francesco Gravina, la cui nomea superò i confini mediterranei per le stranezze della sua dimora, conosciuta anche come “villa dei mostri”: in cui centinaia di statue di roccia o stucco o marmo dalle sembianze grottesche, polimorfe, furono collocate lungo il viale cintato e sulle esedre, per sorprendere e, al contempo, incuriosire i visitatori.
   Durane la giornata del 1° maggio Knight e gli altri arrivarono in Palermo. In questo soggiorno, che durò quattro giorni, ebbero il tempo per girare vari luoghi, tra cui palazzo dei Normanni, la cattedrale e il porto, sino ad arrampicarsi sul monte Pellegrino, per visitare il santuario di Santa Rosalia; potendo soggiornare in quella che a quell’epoca fu considerata una ricca metropoli.
   Knight, comunque, nel suo quaderno di viaggio appuntò riguardo a un’architettura “troppo” medievale o “troppo” barocca. Egli, inglese, proveniente da un concetto artistico basato sull’illuminismo, cercando di interpretare la realtà attraverso la logica, criticò le strutture palermitane con i suoi eccessi artificiosi; rimase attratto, piuttosto, della coppia di arieti bronzei di origine greca siti nel palazzo reale, provenienti da Siracusa ma che a quel tempo furono portati da Napoli a Palermo (qui vi rimasero fino al 1820 quando, durante i moti di quell'anno, furono defenestrati: di essi uno solo fu fatto salvo, mentre l'altro si crede che sia stato fuso per ricavarne un cannone). D’altro canto rimase molto colpito dai palermitani, descritti senza indugio come:
We found the People during the short time we stayed here, exceedingly civil. They affect none of that unwieldy greatness, which the Roman and the Neapolitan Nobility assume, bat seem to study more the real enjoyments of Life.
   Il percorso proseguì dal 5 maggio verso Monreale in cui la cattedrale rimase impressa ai viaggiatori, seppur lo stile bizantino, con i suoi “rozzi mosaici”, non abbia esaltato Knight, che di contro ammirò il magnifico sarcofago in pregiato porfido, tomba di Guglielmo I re di Sicilia.
   Passata la notte al castello di Alcamo, proseguirono verso l’area archeologica di Aegesta, chiamata dai Romani Segesta, col tempio formato da sei colonne frontali e quattordici laterali, che fu visionato da Knight in tutti i suoi particolari di stile dorico, assieme al teatro greco; i viaggiatori poi pernottarono a Calatafimi.
   Continuarono verso Erice e Trapani e poi per Castelvetrano, fino a giungere il 7 maggio nei resti della costiera Selinus, Selinunte, principale nemica di Segesta. Knight rimase molto conquistato dalle rovine, ma soprattutto dalla storia di Selinunte, che sopravvisse per pochi secoli sino all’attacco di mercenari cartaginesi e spagnoli comandati da Annibale e di fronte a queste meraviglie archeologiche paragonabili alle piramidi, scrisse: 
While one views them, one cannot but reflect how inestimable is the blessing of Liberty, that enabled so small a Sate as Selinus, whose dominions extended but a few miles to perform what the mighty Lords of the Earth have scarcely equalled.
   Gli amici Hackert e Gore affascinati dal posto abbozzarono numerosi disegni e la permanenza si protrasse per i due giorni successivi.
   Al 10 maggio, la comitiva passò per Sciacca anticamente detta Therma Selinuntia, dove visitò le rinomate “stufe” di San Calogero “sudatorium o stuffo”, un’area di emissione di vapori vulcanici nel monte Kronio, di carattere curativo per gotta, reumatismi e altro. Il viaggio continuò per Girgenti, sede dell’antica Agrigentum e come lo fu per Selinunte, anche qui gli amici Hackert e Gore si dilettarono a fare delle vedute dei templi di ordine dorico arcaico; Knight, d’altronde, si esaltò al punto di prendere alcune misure dei ruderi, rilevando i vari materiali rupestri nel quaderno di viaggio.
   Illustrazioni dal vero di monumenti antichi e di scene di quotidianità popolare furono fissate su fogli da viaggio, per tramandare il volto della Sicilia di fine XVIII secolo; non facendo trasparire momenti di paura per dei luoghi reputati selvaggi con percorsi poco sicuri, ma al contrario, esaltando l’aspetto di curiosità, tipico del viaggiatore. Per quanto riguarda Knight, circa gli abitanti dell’antica Agrigentum nel suo diario riporto: 
The Agrigentines were famous for their luxury, elegance, magnificence and hospitality, hence Empedocles used to say, that they ate and drank as if they were to die tomorrow, and built as if they were to live forever.
   A questo punto, da Girgenti i tre preferirono viaggiare seguendo il percorso litoraneo per giungere al Val di Noto, entro i dieci giorni successivi e costeggiando il mare Nostrum. Passarono il 17 maggio per Licata per giungere il giorno dopo a visitare il feudo Biscari (come denominata allora la città di Acate) col castello del principe Ignazio V Paternò Castello.
   Personaggio molto laborioso, era conosciuto fino a Malta poiché acquirente di numerose quantità di canapa ivi prodotta; inoltre, don Agatino Paternò Castello – nominato primo principe di Biscari nel 1633, da Filippo IV re di Spagna – ne introdusse, oltre alla coltivazione dei cereali: grano, orzo, segale e avena, anche quella del riso, verso metà del secolo XVII, per la fertilità del terreno prodotta dal fiume Dirillo. Nessuna traccia di Camarina, la greca Kamarina, fu descritta dai tre viaggiatori, anche se Knight ne citò la presenza con alcuni versi di Virgilio: «FATIS NUNQUAM CONCESSA MOVERI ADPARET CAMARINA PROCUL».
   Nei giorni successivi, arrivarono a Siracusa e fu il 20 maggio, dopo aver apprezzato le campagne ben coltivate e la diversa vegetazione, imparagonabile all’isola britannica o alla terra germanica; poiché dopo il feudo Biscari – esempio di ordine e laboriosità – le campagne apparsero ai viandanti molto brulle e poco coltivate. Di questo soggiorno siracusano Knight descrisse poco, soffermandosi a dei commenti negativi riguardo alla trasformazione del tempio di Atena, posto sulla parte più elevata dell'isola di Ortigia, in quello che è possibile godere anche oggi della cattedrale di Santa Lucia, costruita sui resti del tempio greco. Egli preferì vivere il paesaggio primitivo ma pittoresco, apprezzando, al tempo stesso, la parte storica della città greca e quella rupestre, come le cave di pietra dei Greci – latomie.
   Nella Sicilia sinora visitata, il turista Knight proveniente da un’Inghilterra industrializzata e urbanizzata, insieme ai due vedutisti, ebbe modo di confrontarsi con il mondo rurale teorizzato e con una pessima rete stradale, che portò indietro nel tempo i visitatori ormai emancipati. Knigt, oltre all’aspetto di conoscenza culturale, riportò aspetti di natura sociale della Sicilia e dei siciliani di fine Settecento, identificando quello che vide con aspetti tipici dei siciliani, riguardo alla gelosia e alla passionalità, indicandoli “avversi alla fatica, inclini al piacere e alla superstizione”, «& like most of the inhabitants of warm Climates», ospitali e gentili con gli stranieri e onesti negli affari, ma anche molto ignoranti, poiché soggiogati dalla superstizione, al punto che temono l’innovazione. Evidenziò la parcellizzazione della giustizia che passò dal re ai viceré, che delegarono i propri ufficiali e portò il potere al miglior offerente, vanificando tutto, tranne nel periodo di Vittorio Amedeo II di Savoia (1713-1718), che prese provvedimenti contro il brigantaggio.
   Il 23 maggio, la compagnia raggiunse Catania, dove permase fino alla fine del mese. In questa città, ancora una volta, Knight evidenziò i suoi principi artistici tendenti ad apprezzare un’arte più semplice e pura, basati maggiormente su una cultura neoclassica, di razionalità – molto in voga in quel periodo – di netto contrasto col barocco, visto come eccessivamente fantasioso e complicato.
   Ciò nonostante, fu apprezzato palazzo Biscari, costruito sopra le mura di cinta di Catania, fatte erigere dal Carlo V. Il palazzo raggiunse il massimo splendore con l'intervento di Ignazio V Paternò Castello principe di Biscari: uomo eclettico, appassionato d'arte, di letteratura e di archeologia una delle figure più significative nella vita culturale di Catania della metà del XVIII secolo. I tre viaggiatori furono ricevuti dal nobile suddito del re di Napoli che lo incontrarono nel suo museo, molto ricco di antichità, di arte di differenti secoli e sempre aperto agli studiosi.
   Il 27 maggio l’avventura divenne maggiormente affascinante, poiché fu organizzata una gita sull’Etna che si prolungò anche nella nottata, nonostante la temperatura che in quel periodo ancora sia stata pungente.
   La comitiva continuò la marcia dopo essere giunta a Nicolosi e, alla vista tutt’intorno della lava pietrificata dell’ultima eruzione del 1766, proseguì la salita guidata da un contadino esperto della zona. Di questa escursione Hackert disegnò la “Grotta delle capre sull’Etna” e Knight ne descrisse nel suo taccuino, evidenziandone le asperità, anche se fu considerata molto straordinaria: «The Crater was distinguishable by a red gloomy light piercing true the vast volumes of Smoke, that rolled from it».
   Da Catania i viaggiatori si spostarono il 1° giugno verso Acireale, proseguendo per Taormina, anche ai tempi apprezzata. La piana di Catania fu molto ammirata da Knight: «I had hower te consolation of seeing one of the most fertile and beautiful Countries in the World».
   Giunti il giorno successivo a quella che fu Taurominium, i viaggiatori vollero assaggiare le acque di Acis il fiume freddo, tanto celebrate dai poeti e le cui acque provengono direttamente dall’Etna. Visitarono il teatro greco con l’impressionante veduta rivolata alla costa e all’Etna e poi, scesi a Naxos s’imbarcarono su una speronara, una piccola imbarcazione a vela molto diffusa tra i pescatori dell'Italia meridionale, per dirigersi a Messina, l’antica Zancle, in cui soggiornarono per alcuni giorni. Fu un’occasione vivida per i vedutisti Hackert e Gore per dipingere lo Stretto, contrapposto allo scenario di degrado e povertà che offrì loro il comune marinaro, con ancora i segni del terremoto del 1693 molto evidenti.
   Trascorso qualche giorno, lasciarono la Sicilia per far ritorno a Napoli.

Interessante il video RAI Italia, poeti e navigatori che inserisce frasi di personaggi famosi, durante la loro visita la Sicilia nei secoli precedenti.


____________________
Licenza Creative Commons
In viaggio per la Sicilia di fine Settecento di G. La Rosa è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.